Il Maggiordomo in Noi

Ultimamente e in maniera frequente, durante le conversazioni con amici o parenti, le parole che magicamente entrano in scena nel dialogo sono “rapporto umano”, inteso quale stretto legame che intercorre tra persone che sono unite da un vincolo di amicizia, lavoro o di amore.

In questi anni di delirio cronico, in una società pletorica come la nostra, in cui non si sa più quali siano i confini già di per sé molto labili tra amore e odio, tra desiderio e speranza, tra felicità e tristezza, ci si trova duramente ad affrontare degli schemi mentali che portano a uscire dalle righe del buon senso e dello stare insieme civilmente: quante volte si sentono casi di coppie che scoppiano perché insieme non sono state in grado di reagire alle difficoltà intrinseche della vita moderna, colpevolizzandosi a vicenda fino a sfociare nella rottura con buona pace dei sensi per tutti i coinvolti.

Il problema è all’origine, perché non si riesce, lungo il percorso di vita di entrambi, a trovare un solo punto di equilibrio che permetta allo sgangherato veicolo matrimoniale di non ribaltarsi alla più piccola sbandata. Quindi cominciano le danze delle parole: “Non c’era più amore tra loro, era sparito il dialogo, si dubitava della fedeltà, del rispetto reciproco…bla bla  bla”. Va bene ci può stare, ma intanto il nostro maestro di casa interiore, il tanto inviperito maggiordomo, se ne resta lì ad aspettare, troneggiando maestoso in centro della nostra anima in attesa di insegnarci le regole del gioco.

Alle servitù dei nobili dei secoli scorsi, era insegnato il rispetto di tre regole fondamentali che dovevano seguire con forte abnegazione, che si aggiungevano al primo essenziale principio che voleva la presenza immateriale del maître de maison, che facesse così apparire la stanza in cui si trovava sempre più vuota, incontaminata dal suo essere; ed erano (e lo sono ancora in alcune monarchie odierne): capire le priorità (del padrone), curare i dettagli, restare al proprio posto quando serve. Cosicché, sia il maggiordomo stesso sia il suo nobile padrone, regolavano il senso della propria esistenza su basilari regole che, assieme alla consuetudine di praticarle, non potevano spontaneamente essere tradite o macchiate da altre cattive abitudini di entrambi.

Nella vita coppia, è prioritario che ci sia l’amore, uno dei pilastri portanti della relazione. Ma da dove arriva questo sentimento? Nasce solo dalla chimica dei due innamorati o trova la sua radice nella volontà degli stessi, capita e conosciuta da entrambi, di praticare senza sforzo e senza attese i rudimenti accettati dai grandi e rispettati servitori degli aristocratici dell’epoca? Che cosa accadrebbe se comprendessi come fossero un dogma, le esigenze della mia compagna e mi adoperassi alla loro concretizzazione senza chiederglielo! E nello stesso tempo curassi i dettagli del rapporto, non accontentandomi di realizzare solo quello che è già scontato che un partner faccia, perché l’altro lo sa già; e infine, sparissi per un po’, in sordina, senza far rumore, solo quando la mia Lei avrà voglia di stare sola, di commuoversi in silenzio o di gustare i suoi attimi, che non sono i miei, ma di sua proprietà.

Da tutto questo l’amore nasce o risorge e noi non ce ne accorgiamo. Non lo abbiamo chiesto, ci è arrivato dall’alto come un premio, duraturo e primigenio, che ci accompagnerà per il resto dei tempi. Il dono che possiamo elargire a chi ci sta vicino è la semplicità della vita insieme in un continuo emergere di curiosità, perché questa voglia stuzzica il sapere, il comprendere, insomma quel sano egoismo personale che all’altro può servire per far riemergere la grinta di contraccambiare, come in un contratto naturale, senza clausole.

Molto tempo fa vidi un film, una semplice commedia, in cui lui, sapendo l’amore che lei provava per l’astrologia, una passione che non è potuta sfociare in un lavoro, una sera a letto, mentre parlavano di altro, spense all’improvviso la luce e negli occhi di lei riflessero le stelle e i pianeti attraverso il soffitto della stanza (l’attore applicò al soffitto delle particolari decalcomanie amovibili, che alla luce non si potevano vedere ma al buio diventavano splendenti come fossero vere).

Dobbiamo immaginare che il trascorrere la propria esistenza a fianco del nostro compagno rappresenti la ruota della fortuna, le cui raggiere corrispondono alle auree leggi incondizionate del nostro maggiordomo, per cui ogni qualvolta saremo traviati dalle preoccupazioni della vita, indubbiamente le violeremo, e di rimando la ruota si schiaccerà e con essa il buon esito del nostro cammino insieme. Questo accade quando si ricomincerà a vedere nell’altro il riflesso dei rispettivi intimi difetti, come ne fosse lui il portatore, il traghettatore responsabile degli stati d’animo che proviamo: solo cambiando sé stessi, come in uno specchio, la dolce metà prenderà il gusto e il sapore della propria.

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Christian Fabris
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