L’analisi sulla natalità in Italia rivela un quadro preoccupante, con dati che segnano un calo delle nascite.
Secondo le statistiche dell’Istituto nazionale di statistica , nel 2023 sono stati registrati 379.890 nuovi nati, un 3,4% in meno rispetto all’anno precedente. Si tratta di un trend che si protrae da oltre un decennio, mettendo in evidenza il progressivo declino della fecondità nel nostro Paese.
Data la situazione attuale, è opportuno risalire al 2008 per osservare il picco della natalità, che ha toccato un tasso del 9,8% con 570.000 nascite. Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, il tasso di natalità ha iniziato a scendere significativamente. Questo trend, quindi, non è una novità, ma una realtà in fase di evoluzione da decenni. Di fatto, il tasso di natalità del 2023 si attesta al 6,4%, un numero notevolmente distante dai picchi del passato. La situazione non si limita a un’area geografica specifica, ma è uniforme tra le varie regioni italiane. Tuttavia, sembra che il declino sia più marcato nel Centro-Nord, dove le famiglie si trovano a fare i conti con una serie di difficoltà economiche e sociali.
Un altro dato fondamentale riguarda il tasso di fecondità, che nel 2023 si fissa su un 1,20 figli per donna. Questo dato è in diminuzione rispetto agli 1,33 del 2010 e agli 1,24 del 2022. Sottolineando l’importanza di una soglia di sostituzione demografica fissata a 2,1, il tasso attuale rappresenta un grave allerta per il Paese. I primi dati del 2024 sembrano confermare questa tendenza, indicandoci un incomprensibile contesto demografico in continua erosione, avvicinandosi ai minimi storici del 1995. Anche l’età media delle donne al primo parto continua ad aumentare, ora fissata a 31,7 anni, evidenziando un cambiamento nei modelli familiari e nelle scelte delle giovani coppie. Le nascite fuori dal matrimonio, una volta considerate non convenzionali, hanno raggiunto ormai il 42,4% nel 2023, un incremento dal 41,5% dell’anno passato.
Le famiglie italiane stanno attraversando una trasformazione profonda. Sebbene il matrimonio venga sempre meno visto come una condizione necessaria per avere figli, ci sono notevoli differenze regionali. Mentre al Nord e al Centro le nascite fuori dal matrimonio superano il 50%, al Sud si mantiene sotto il 30%. Interessante è il dato della Sardegna, dove le nascite all’interno del matrimonio arrivano al 55%. Questa diversificazione dei modelli familiari riflette una realtà sociale in continuo cambiamento. I dati ISTAT rilevano anche che le coppie di genitori italiani continuano a rappresentare la maggior parte delle nascite, ma anche le coppie miste vedono un calo, sebbene meno evidente.
Esplorando le cause di questi disincentivi alla natalità, risaltano fattori di rilievo. La difficoltà nel trovare un lavoro stabile e l’aumento dei tempi necessari per uscire dal nucleo familiare di origine spingono le coppie a rimandare la decisione di avere figli. Inoltre, c’è un forte squilibrio nella gestione dei figli, che grava soprattutto sulle donne. Le politiche locali, in particolare, non sembrano favorire un cambiamento positivo; ad esempio, il congedo di maternità è di soli cinque mesi, e quello di paternità è ridotto a dieci giorni. Queste scelte di intervento sono state considerate limitato e sporadiche, senza affondare le radici nei problemi strutturali che caratterizzano la natalità italiana.
Pur nel contesto di un aumento dell’infertilità, i diritti riproduttivi in Italia sono attualmente limitati, ostacolando l’accesso a tecniche di fecondazione assistita anche a famiglie costituite da coppie dello stesso sesso o singoli che desiderano avere figli. Il governo, nonostante le evoluzioni dei modelli familiari, continua a mantenere restrizioni che non facilitano la crescita demografica. La situazione è tanto più complessa se si considerano le statistiche di ISTAT, che sottolineano come le coppie eterosessuali sposate non siano più l’unico tipo di famiglia presente nel Paese. In un contesto dove si registrano sempre più desideri di nuove famiglie, tali restrizioni sembrano non giovare a un futuro demografico migliore per l’Italia.