Katrine Hash, Musica “Anacronistica”

La loro musica è stata definita “anacronistica” e ci tengono a sottolinearlo, tra il (poco) serio e il (tanto) faceto qualche minuto prima del fatidico Rec & Play sul mio fido Phonola di fine anni ’80. Definizione alquanto buffa questa per una band/collettivo che si nutre dei suoni avanguardistici di artisti internazionali quali Björk, Massive Attack, Portishead, Archive, Air, Depeche Mode, Radiohead, fino a rammentare la new wave dei Joy Division e le atmosfere dark dei Nine Inch Nails. “Anche se noi siamo un po’ meno cattivi”, puntualizza Stefano. La mia prima curiosità è legata proprio al nome che si sono dati. “Era il nome di un personaggio in un settimanale che leggeva mia madre”, spiega Massimo.
“Voi come definite la vostra musica?” “Elettronica e basta”. Sì, forse una parola secca è la via più breve per determinare il sound dei KH, perché il dedalo di richiami, allusioni, riecheggiamenti a generi più o meno noti e definibili (trip-hop, dark wave, noir, downtempo, electro-rock, chill-out, etc.) è davvero molto intricato. Il melomane intrepido se ne renderà conto ascoltando sia il primo album, Metropomorphic (2010), sia l’ultimo lavoro Rosae, pubblicato in digitale lo scorso 31 ottobre. “Non si differenziano molto questi due album”, asserisce Massimo, “se non per il fatto che Metropomorphic era cantato quasi del tutto da voci maschili, mentre Rosae è più delicato, perché cantato dalla voce di sole donne”.
“Quanto pesano i testi per voi e come nascono?” “I testi rispecchiano stati dell’anima”, racconta Claudia, “Alcuni di essi si ispirano alla poesia classica, anche a quella inglese. Dare profondità alla musica attraverso la parola per noi è un valore aggiunto”. “Cerchiamo di essere perfezionisti e i meno banali possibili per un genere, quello elettronico, che spesso non dà importanza ai testi”, le fa eco Devis, “Il mood di un pezzo evoca uno stato emotivo dal quale scaturiscono i versi che si adagiano su linee vocali e metriche già create. Ogni brano ha una sua storia e ognuno di noi ha il proprio brano del cuore”.
Spontanea sorge la domanda di rito: qual è la vostra opinione sull’attuale panorama musicale indipendente e che fare? “Prossima domanda?” scherzano, ma poi rispondono. “Non crediamo che la situazione cambierà di molto in futuro, a meno che non si chiudano i talent, non si spenga la tv e si vada nei locali ad ascoltare i gruppi originali. Si dovrebbero coinvolgere i gestori che abbiano buon gusto, voglia e coraggio a valorizzare la musica indie senza pensare solo a far business, e poi per noi band bisognerebbe autopromuoversi anche tramite sodalizi con gruppi di generi affini”. “La scena indipendente, purtroppo, è essa stessa chiusa in un sistema ristretto, limitato ai soli circoli”, chiosa Massimo e ridendo aggiunge: “Noi intanto stiamo pensando di organizzare un tour negli autogrill del Veneto!”.
In attesa di condurre la loro visione musicale presso le soste lungo le nostre autostrade, per scherzo, e in vista del terzo album di prossima uscita, questo per davvero, i KH si esibiranno live il prossimo 15 dicembre al Blue Rain di Vigorovea (Sant’Angelo di Piove di Sacco, Padova) assieme agli Human Suit. Il viaggio mentale sulla musica dei KH, la si chiami come si aggrada, è criptico, sofisticato, impegnativo ma talmente coinvolgente che vale la pena intraprenderlo.
Katrine Hash: Massimo “Momo” Di Leo (dj, synth, groove activator), Stefano “Cheta” Calore (chitarra), Claudia Lovato (voce e testi), Devis Galesso (testi, management), Giorgio Marinaro (basso), Simone Peron (batteria), Giovanna “Lubjan” Lubian (voce e testi); Beatrice Borsetto (voce).