Screening oncologici in Italia: andamento e disparità regionali nel post-pandemia

L’adesione agli screening oncologici in Italia mostra segnali contrastanti. Dopo un brusco calo durante la pandemia di Covid-19, i dati recenti indicano una ripresa, ma la copertura varia significativamente da regione a regione. Un’indagine condotta dall’Istituto Superiore di Sanità ha analizzato i programmi di screening attivi in tutte le Regioni e Province autonome, rivelando una situazione complessa e articolata.

Andamento degli screening oncologici nel 2022

Nel 2022, la copertura dello screening mammografico ha registrato un 43%. Questo rappresenta un calo rispetto all’anno precedente, con le differenze risaltanti maggiormente nelle varie aree del Paese. Al Nord, la copertura si attesta al 54%, mentre nel Centro e nel Sud e Isole scende rispettivamente al 47% e al 26%. Lo screening cervicale ha mostrato cifre simili, con una copertura nazionale del 41% e minori variazioni tra le diverse macroaree. Specificatamente, per lo screening del sangue occulto per tumore colorettale, la percentuale è scesa al 27%, con evidenti disparità che vanno dal 38% nel Nord fino al 12% nel Sud. Tali dati evidenziano non solo un trend di recupero dal periodo pandemico, ma anche una marcata disomogeneità geopolitica nell’accesso ai servizi di screening.

Disparità regionali nella gestione degli screening

La situazione degli screening oncologici in Italia è caratterizzata da due aree distinte: il Centronord e il Sud. Le Regioni del settentrione si distinguono per una buona organizzazione e per un’ampia offerta di screening. Le differenze più significative riguardano l’estensione dello screening mammografico per le donne più giovani e l’introduzione di protocolli per lo screening cervicale, considerato anche il vaccino contro il papilloma virus . In questo ambito, ben il 78% delle Regioni del Nord ha implementato tali protocolli, in confronto al 50% delle Regioni del Centro.

Al contrario, le Regioni del Sud, pur rispettando le linee guida nazionali per alcuni screening come quello cervicale e del colon-retto, risultano più indietro nell’estensione dell’offerta per altre fasce di età. Per esempio, solo il 25% delle donne di età compresa tra i 45 e i 50 anni accede allo screening mammografico, e per gli ultrasettantenni la percentuale per il colon-retto è di appena il 13%. Anche l’implementazione di protocolli specifici per le donne vaccinate in giovane età è limitata, con solo il 38% di applicazione nelle Regioni del Sud. Aggiungendo a questo la scarsità di utilizzo delle farmacie come supporto per facilitare lo screening del colon-retto, con una copertura attuale del 50%, emerge un quadro che richiede attenzione e interventi mirati.

Modalità di invio e accessibilità degli screening

Per quanto riguarda le modalità di invito ai programmi di screening, l’invito cartaceo rimane la forma principale per coinvolgere la popolazione. Questo approccio, sebbene tradizionale, porta con sé delle sfide in termini di accessibilità e risposta da parte dei cittadini. In un’epoca sempre più digitale, è opportuno interrogarsi su come integrare metodi moderni di comunicazione e coinvolgimento, per migliorare l’affluenza e la partecipazione agli screening. Nonostante i segnali positivi dopo la pandemia, resta ancora molto da fare per garantire un accesso equo e uniforme ai servizi di screening in tutto il territorio nazionale.

La situazione attuale suggerisce la necessità di un rapido sguardo strategico per affrontare le disuguaglianze e incentivare la salute pubblica attraverso una maggiore inclusione e partecipazione nei programmi di screening oncologico.