Tragedia in ospedale a Macerata: un esame fatale costa la vita a un uomo di 68 anni, il figlio ottiene un risarcimento di 119mila euro
Un tragico episodio di malasanità si è verificato all’ospedale di Macerata, dove un uomo di 68 anni, originario di Appignano, ha perso la vita a causa di una lacerazione del colon durante una colonscopia. Questo evento, avvenuto nel dicembre 2017, ha segnato profondamente la vita del figlio dell’uomo, che ha ottenuto un risarcimento di 119mila euro dall’Azienda Sanitaria Territoriale (AST) dopo aver intrapreso una causa civile.
Il defunto, ex dipendente della Società agricola forestale, aveva già affrontato gravi difficoltà nella sua vita. Nel 1996, un infortunio sul lavoro lo aveva reso paraplegico, costringendolo a vivere con limitazioni fisiche e sfide quotidiane. Negli anni successivi, gli era stata diagnosticata una forma di tumore con diffusione metastatica. Nonostante queste difficoltà, era riuscito a mantenere una vita dignitosa, circondato dall’affetto dei suoi cari.
La sua morte, avvenuta il 17 dicembre 2017, non è stata considerata direttamente riconducibile alle patologie preesistenti. Questo ha sollevato interrogativi sulla condotta medica durante la sua degenza all’ospedale di Macerata. Il 2 dicembre dello stesso anno, l’uomo era stato ricoverato nel reparto di gastroenterologia per una colonscopia, un esame che, sebbene comune, si è rivelato fatale.
L’intervento è stato eseguito il 12 dicembre 2017 e ha subito mostrato segni di complicazioni. Dopo la colonscopia, i medici hanno riscontrato una presunta lesione e la presenza di aria al di fuori dell’intestino, portando a un’immediata decisione di operare. Tuttavia, le condizioni generali del paziente erano già compromesse, sollevando dubbi sulla necessità e sull’opportunità dell’intervento chirurgico.
Le condizioni del paziente sono rapidamente peggiorate. Inizialmente, c’erano segni di miglioramento post-operatorio, ma successivamente si sono sviluppate complicazioni gravi, tra cui peritonite e insufficienza renale. Questi eventi hanno portato al decesso, lasciando il figlio in uno stato di devastazione. Quando ha appreso della lacerazione del colon e delle complicazioni, ha deciso di agire per ottenere giustizia.
Il figlio ha affidato il caso a un team di avvocati, avviando una causa civile contro l’AST, sostenendo che la colonscopia fosse stata inopportuna, date le già precarie condizioni di salute del padre. Gli avvocati hanno argomentato che, dopo la lacerazione, l’intervento chirurgico avrebbe dovuto essere eseguito immediatamente, senza attendere.
A sostegno di questa posizione, è stata richiesta una consulenza tecnica d’ufficio, che ha confermato le tesi del ricorrente. I consulenti hanno stabilito che, data la gravità delle condizioni del paziente, l’intervento chirurgico non avrebbe dovuto avvenire e che la morte dell’uomo era direttamente legata alla lacerazione subita durante la colonscopia. Queste conclusioni hanno fornito un supporto fondamentale alla richiesta di risarcimento.
Il tribunale ha considerato anche l’aspettativa di vita del paziente, stimata in circa 20 mesi, influenzando la decisione finale del giudice. Quest’ultimo ha ordinato all’AST di risarcire il figlio con 119mila euro per la riduzione della vita del padre. La decisione è stata accolta con una mistura di sollievo e tristezza dal figlio, che ha visto riconosciuto il dolore e la sofferenza causati dalla perdita del genitore.
Questo caso solleva interrogativi importanti sulla sicurezza degli interventi medici e sulla responsabilità delle strutture sanitarie nel garantire la salute e il benessere dei pazienti. Situazioni come questa evidenziano la necessità di un continuo monitoraggio dei protocolli medici e di una maggiore attenzione alle condizioni preesistenti dei pazienti, specialmente quelli con storie cliniche complesse. La malasanità può colpire chiunque, e ogni caso dovrebbe servire come monito per migliorare la qualità delle cure e la sicurezza dei pazienti in ospedale.