Ogni anno in Italia si registrano circa 14.000-15.000 nuovi casi. Ecco perché nonostante la ricerca in Italia si muore di tumore al pancreas.
Il tumore al pancreas rappresenta una delle sfide più ardue nel campo dell’oncologia, caratterizzato da una elevata aggressività e una diagnosi frequentemente tardiva. Ogni anno, in Italia, si registrano tra i 14.000 e i 15.000 nuovi casi, il che lo colloca al settimo posto tra le neoplasie più comuni nel nostro paese, nonostante rappresenti solo circa il 3% del totale delle diagnosi oncologiche.
La sua incidenza colpisce in modo quasi uniforme uomini e donne, senza differenze significative. L’assenza di test di screening efficaci complica l’identificazione precoce del tumore al pancreas, una neoplasia aggressiva.
La difficoltà nella diagnosi precoce
Un aspetto preoccupante è il basso tasso di sopravvivenza a cinque anni, che si attesta tra il 10% e il 12%. Questo è dovuto in larga misura alla difficoltà di diagnosticare la malattia in fase precoce. Infatti, secondo i dati forniti dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), solo il 7% dei casi di tumore al pancreas viene identificato in fase iniziale. Questo è un problema rilevante poiché il tumore tende a svilupparsi in modo silente, manifestandosi con sintomi evidenti solo quando è già in fase avanzata.
L’assenza di test di screening specifici e di marcatori tumorali efficaci complica ulteriormente la diagnosi precoce del tumore al pancreas. A differenza di altre neoplasie, come quelle al seno o al colon-retto, per le quali esistono protocolli di screening ben definiti, per il pancreas non esistono tali strumenti. Questo ha portato esperti come Franco Perrone, presidente dell’AIOM, a sottolineare la necessità di intensificare la ricerca e di sviluppare strategie terapeutiche più efficaci. La collaborazione tra diverse figure professionali è essenziale per affrontare questa malattia.

Tuttavia, nonostante queste sfide, la ricerca sta facendo significativi progressi. Recentemente, un vaccino a RNA neoantigenico è stato testato in uno studio di fase I dal Memorial Sloan Kettering Cancer Center, mostrando risultati promettenti nel ritardare la recidiva della malattia dopo intervento chirurgico. Questo potrebbe rappresentare un passo importante verso nuove opzioni terapeutiche.
Progressi nella ricerca e nel trattamento
In ambito farmacologico, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha recentemente approvato un nuovo trattamento per il tumore pancreatico avanzato: l’irinotecano liposomiale pegilato (Nal-Iri). Questo farmaco, utilizzato in combinazione con 5-fluorouracile e leucovorin, ha dimostrato di migliorare la sopravvivenza mediana dei pazienti, riducendo il rischio di progressione della malattia rispetto alle terapie tradizionali. Questo approccio rappresenta un importante progresso nella lotta contro questo tipo di tumore.
In aggiunta, un altro studio pubblicato sulla rivista The Lancet ha esaminato l’efficacia della combinazione tra mitazalimab, un anticorpo diretto contro il recettore CD40, e il regime chemioterapico mFOLFIRINOX. I risultati preliminari di questo studio sono incoraggianti, con un tasso di risposta obiettiva superiore al 30%. Tuttavia, è fondamentale continuare a condurre ulteriori test e approfondimenti per confermare questi risultati e valutare la reale efficacia di queste nuove opzioni terapeutiche.
Nonostante l’assenza di screening efficaci e la difficoltà nella diagnosi precoce, la comunità scientifica è attivamente impegnata nella ricerca di soluzioni innovative per migliorare la prognosi dei pazienti affetti da tumore al pancreas. Le nuove terapie e i vaccini in fase di sviluppo potrebbero offrire speranza a migliaia di pazienti in Italia e nel mondo, segnando un cambiamento significativo nella gestione di questa neoplasia altamente letale.