Turismo 10 : “I tetti di Paglia”. Da Grado…..alla Saccisica.

Eh si, oggi ho deciso che un saltino lo dovevo proprio fare verso la saccisica. Non tradisco la Riviera del Brenta, questo mai, ma ogni tanto….parlare del vicino di casa e delle sue bellezze non fa male. Precisamente percorro la strada che da Campagna Lupia va verso Piove di Sacco. Attraverso il ponte sul Brenta all’altezza di Corte e mi avvio a Piove. E come sempre, rallento per ammirare “el cason rosso” ( il casone rosso). Sulla parallela lungo il canale, si trova il bellissimo casone con tetto in paglia tipico del territorio della Saccisica e di Campolongo Maggiore e quindi, un po’ anche della Riviera del Brenta, dal 1400 al 1900.
Innanzitutto, cos’è un casone?
Il casone (in veneto casón) è un edificio rurale a pianta quasi sempre rettangolare con tetto a spioventi ricoperto di paglia, pareti in muratura o rami e paglia, un tempo diffuso soprattutto nella campagna padovana e nell’area lagunare da Grado a Comacchio. Veniva utilizzato come abitazione o come ricovero per attrezzi agricoli, fieno o imbarcazioni.
Una tipologia simile di abitazione era diffusa anche nel basso bolognese e ferrarese.
Nel lodigiano e nel pavese il termine casone indicava l’edificio adibito alla fabbricazione del formaggio.
Originale esemplare di dimora rurale lungo tutto l’arco lagunare veneto che si estende dalle spiagge di Grado alle foci del Po. Sin dall’epoca tardo-romana nella regione si costruivano ricoveri per attrezzi in frasche e paglia ma dopo le conquiste veneziane, la loro evoluzione divenne massima. Per far fronte alle richieste di stoccaggio di grano, agrumi e altri raccolti da parte delle Serenissima, la terraferma cominciò a costruire questo tipo di edifici che pian piano si arricchiscono di parti in muratura e diventano addirittura abitabili. I casoni hanno toccato numericamente il vertice massimo tra Otto e Novecento, ma negli anni Venti-Trenta del ventesimo secolo, hanno preso a diminuire in seguito a una campagna di abbattimento messa in atto dal governo di allora. Con l’industrializzazione che caratterizzò l’economia veneta a partire dal secondo dopoguerra, i casoni sono andati sempre più scomparendo o si sono trasformati adattandosi a residenze moderne.
La tipica struttura del casone è di forma rettangolare, anche se ci sono a volte casoni con base quadrata; i suoi muri sono perimetrali e uniformi e le porte e le finestre sono spesso di piccole dimensioni, la costruzione del casone era affidata ad una persona specializzata, chiamata il “casonaro” (casoniere). La struttura del casone non è sempre stata la stessa, è cambiata negli anni con la scoperta di nuovi materiali. Si iniziarono ad usare i mattoni, calce, si scavano delle vere e proprie fondamenta. Il pavimento era normalmente in terra battuta, ma poteva essere piastrellato con mattonelle in cotto (dette tavełe). Le pareti esterne erano l’unica parte in muratura e su queste poggiava il tetto, molto spiovente, a forma di cono. Nei primi casoni non c’era il camino e il fuoco che veniva prodotto sfuggiva attraverso il tetto depositando la cenere sulla paglia, rendendolo così impermeabile.
Non tutti i casoni veneti sono uguali: quello padovano è diverso dagli altri casoni presenti in Veneto per la sua struttura “a spirale”. Nella zona della Saccisica le regole edilizie seguite per la costruzione dei casoni, rispettavano l’antica tradizione di usare mattoni di argilla cotti al sole e cannello e pavera colti in barena; la loro struttura è molto resistente grazie alla vegetazione spontanea e naturale resa forte dalla brezza che porta salsedine marina. Il casone ha bisogno di una continua manutenzione, la parte più fragile è il tetto in canna palustre: doveva essere continuamente “pettinato” e pulito sia per evitare per ristagno di umidità, o il formarsi di muffe o, addirittura di muschi, sia per l’attacco di insetti in caso di eccessiva siccità, sia, infine, per il formarsi di buchi a causa del vento.Il tetto, inoltre, era a rischio incendio in quanto spesso capitava che alcune faville del focolare, che utilizzavano per riscaldarsi, arrivassero fino al tetto, incendiandolo. Non a caso, molte persone assicuravano il loro casone contro gli incendi.
La stanza principale era la cucina che conteneva al suo interno il focolare. La cucina era sempre rivolta verso sud per sfruttare il più possibile il calore e luce del sole. Semplice, ma sempre ben ordinate apparivano le stanze da letto. Il letto era formato da un grande giaciglio fatto di due cavalletti con sopra alcune tavole di legno e il pagliericcio, cioè un sacco di tela che conteneva cartocci di granoturco, che ogni mattina venivano rimossi per renderlo più soffice e confortevole quando ci si coricava.
Di norma all’interno dei casoni una stampa con l’immagine della Sacra Famiglia appesa ad una parete, a capo del letto e un’acquasantiera con dentro l’acqua benedetta per il segno della croce, prima di addormentarsi e al risveglio di ogni nuovo giorno Importante era anche la stalla, posta, per motivi di igienici, sul lato nord, cioè nella parte più fredda e quindi maggiormente idonea a questo uso. Questa la vista modestissima all’interno di un casone.
Di diverso tipo sono i casoni dal tetto in paglia: i Casoni Lagunari, semplici ricoveri utilizzati dai pescatori e dai cacciatori delle lagune di Venezia, Caorle e Marano Lagunare, i casoni palustri emiliani, una tipologia molto simile di casone era diffusa fino al XIX secolo anche più a sud, nelle zone della bassa bolognese e ferrarese. In questo caso si trattava soprattutto di misere case di pescatori che lavorano nelle paludi della zona, i casoni lodigiani, edifici che ospitavano le attrezzature per produrre il formaggio, in particolare il grana, i casoni istriani, piccole costruzioni rurali in pietra a secco (analogo al trulli pugliesi) e i casoni della saccisica, quella, appunto, a noi vicini. Per chi non lo sapesse, la Saccisica è una zona collocata tra Padova e la laguna veneta. Ha la caratteristica di essere molto bassa e pianeggiate, quasi al livello del mare. L’origine di questo nome è stata affidata a diverse interpretazioni; la versione più affidabile e accreditata è la derivazione dalla morfologia del suo territorio, in cui i fiumi Bacchiglione, Brenta avrebbero dato origine ad una sacca assieme alla Laguna. Questa ipotesi è comprovata perché già attorno al 1700 d.C. nei testi e documenti il nome Sacco viene utilizzato con il significato di insenatura naturale senza sbocco.
Vi segnalo: il casone Rosso di Corte (quello che vi nomino ad inizio articolo) in via Fiumicello. È stato costruito nel 1800 ed è stato abitato da una famiglia fino agli inizi del 1990. Dal 1993 è destinato solo alle visite dopo un’attenta ristrutturazione a causa di un incendio subito nel 1993. La ricostruzione è stata fatta in maniera molto accurata, tenendo conto delle caratteristiche originali della struttura, rispettando proprio i tratti peculiari della tipologia originaria e dei materiali utilizzati.
Il casone Azzurro, di Arzergrande, situato a Vallonga, in verità, una frazione di Arzergrande ed è stato abitato fino a qualche anno fa. Deve il suo nome al colore dell’intonaco esterno ed è stato ristrutturato di recente, nel 2008, dal comune di Arzergrande che ora ne è proprietario e gestore.
Il casone Bianco Ramei, a Piove di Sacco, costruito tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900]. Deve il suo alla via in cui è situato a Piove di Sacco. È stato abitato fino alla fine del 1970 circa, quando il comune ha deciso di acquistarlo ed occuparsene.
I nuovi Casoni di Codevigo, direttamente sulla laguna, patrimonio dell’umanità dal 2012. Ottimo esempio di costruzione nuova che però mantiene le caratteristiche di un tempo. I casoni di Codevigo vi possono ospitare per pic nic, per pranzi o cene, per “dormire”. Visitate il loro sito ma andateli poi a visitare di persona. Ne rimarrete affascinati.
Beh ogni tanto è bello far conoscere anche delle realtà appena fuori i nostri confini rivieraschi no? La prossima volta però, vi racconterò di…….(è un segreto….a presto!!!)




