Un dramma giovanile a Piacenza: la madre chiede giustizia per la figlia di 13 anni morta, il fidanzatino a processo

Il tragico destino di una giovane vita spezzata a Piacenza ha scosso profondamente la comunità locale, riaccendendo il dibattito sulla sicurezza dei minori e sulle conseguenze della violenza tra giovani. La storia della 13enne, deceduta il 25 ottobre 2022, è caratterizzata da un’ombra di dolore e ingiustizia che ha portato la madre della vittima a chiedere giustizia per sua figlia.

Il processo per omicidio aggravato

L’udienza preliminare per l’ex fidanzato della ragazza, ora 15enne, è fissata per il 9 luglio 2023. L’imputato è accusato di omicidio aggravato, un’accusa grave che riflette la brutalità dei fatti emersi durante le indagini. Secondo quanto riportato, il giovane avrebbe atteso che la vittima uscisse di casa per trascinarla fino al settimo piano del palazzo dove vivevano. Qui, con un gesto di violenza inaudita, la ragazza sarebbe stata lasciata precipitare dal balcone.

Le parole della madre

Le parole della madre, che ha dichiarato: “Mia figlia non c’è più e merita giustizia”, rappresentano un grido di dolore che risuona in tutta la comunità. La donna ha condiviso dettagli inquietanti riguardo alla relazione tra la figlia e il suo ex fidanzato, sottolineando che la ragazza era stata vittima di atti di stalking. “Lui la perseguitava perché aveva scelto di allontanarlo”, ha spiegato la madre, evidenziando come la sottile linea tra amore e ossessione violenta abbia condotto alla tragedia.

L’uso di un cacciavite e la vulnerabilità degli adolescenti

Un elemento agghiacciante emerso dalle indagini è il presunto uso di un cacciavite da parte del giovane, con il quale avrebbe colpito la ragazza sulle nocche delle dita per impedirle di aggrapparsi alla ringhiera del balcone. Questo dettaglio ha scosso l’opinione pubblica, ponendo interrogativi sulla natura della relazione e sulla vulnerabilità degli adolescenti di fronte a dinamiche relazionali tossiche.

La richiesta di giustizia e il ruolo dei servizi sociali

La madre, assistita dall’avvocato Anna Ferraris, ha espresso il suo desiderio di una rapida definizione del processo, sottolineando che “la rapida definizione della data del processo fa ben sperare e conferma la mia fiducia nella giustizia e nel lavoro degli inquirenti”. Inoltre, ha rivelato di aver segnalato ai servizi sociali la pericolosità dell’ex fidanzato della figlia, ma sostiene che le sue preoccupazioni non siano state prese sul serio. “I servizi sociali che erano affidatari di mia figlia non avrebbero denunciato gli episodi persecutori subiti dalla ragazzina”, ha affermato, mettendo in luce un potenziale fallimento nel sistema di protezione dei minori.

Dal 2017, la madre aveva subito delle limitazioni nella potestà genitoriale, pur continuando a vivere con la figlia. Questa situazione ha sollevato interrogativi sulla capacità delle istituzioni di tutelare adeguatamente i minori in situazioni di vulnerabilità. È fondamentale che le autorità competenti esaminino attentamente questi casi e agiscano in modo tempestivo ed efficace per prevenire tragedie simili.

La comunità di Piacenza ha manifestato il proprio sostegno alla famiglia della giovane vittima, partecipando a eventi commemorativi e iniziative di sensibilizzazione sulla violenza tra i giovani. La tragedia ha messo in evidenza l’urgenza di affrontare il tema del bullismo e dello stalking tra adolescenti, nonché la necessità di educare i giovani a relazioni sane e rispettose.

In un contesto più ampio, questa vicenda ha riacceso il dibattito sulla responsabilità delle istituzioni e sulla necessità di migliorare i servizi sociali e le politiche di prevenzione. Le famiglie devono poter contare su un sistema che ascolti e protegga i minori, fornendo loro il supporto necessario per affrontare situazioni di abuso e violenza.

L’attesa per il processo rappresenta un momento cruciale non solo per la famiglia della vittima, ma anche per l’intera comunità. La speranza è che la giustizia possa essere fatta e che questo tragico evento possa servire da monito per tutti, affinché si lavori concretamente per prevenire simili episodi in futuro. La storia di questa giovane ragazza non deve essere dimenticata e deve spingerci a riflettere su come possiamo proteggere i nostri giovani e garantire loro un futuro migliore.

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Federico Luporini